ESCLUSIVA "Ho lavorato nello staff di Massimo Oddo e mi piacerebbe tornare a farlo..."

05.08.2020 14:30 di  Redazione Perugia24.net   vedi letture
Fonte: Gaetano Moccaro
ESCLUSIVA "Ho lavorato nello staff di Massimo Oddo e mi piacerebbe tornare a farlo..."

Marco Negri è stato un attaccante capace negli anni '90 di segnare in tutte le categorie: a Terni, Cosenza, Bologna e soprattutto Perugia. Una escalation partita dalla C1 fino alla Serie A, infine in Champions League. Perché il suo nome è legato ai Glasgow Rangers dove nel 1997 segnava più gol di Ronaldo, il Fenomeno. Oggi allenatore, ai microfoni di Tuttomercatoweb e Perugia24.net ci racconta il suo presente, gli obiettivi futuri e interessanti aneddoti del passato:

Marco Negri, di cosa ti occupi attualmente?
"Ho lavorato a Udine nello staff di Massimo Oddo. Avevo da anni l'idea che il calcio dovesse sposare la figura dell'allenatore specifico per il ruolo degli attaccanti, in funzione del modulo e delle esigenze di squadra. Del resto ero un attaccante e so che è il ruolo che ti fa raggiungere gli obiettivi con i gol, oltre a fare contento il presidente perché è il giocatore col quale è più facile monetizzare. È stato un primo approccio e devo ringraziare l'Udinese che ha dimostrato coraggio e di essere un passo avanti. L'esperienza fatta mi ha dato la convinzione che questo ruolo sarà sempre più importante in futuro".

Altri progetti?
"Faccio i camp estivi con Milan e Juventus, anche se questo COVID-19 ha bloccato tutto. E poi mi capita di giocare con le leggende dei Rangers. Si giocano partite di beneficenza ed è sempre molto bello, perché lo fai davanti a 6-7.000 persone. Una volta anche davanti a 40mila per un evento per il povero Fernando Ricksen. Poi ti ritrovi con i vecchi compagni di squadra, tra chi ha perso i capelli e chi ha la pancia (ride, ndr)".

Dalla fine della tua carriera da calciatore al ruolo di allenatore c'è stata una lunga parentesi da papà a tempo pieno
"Quando avevo raggiunto l'apice della mia carriera sapevo che da lì in avanti sarebbe stato solo uno scendere. Ho avuto degli infortuni che mi hanno limitato negli anni, problemi alla schiena che hanno pesato. Quando mia moglie è rimasta incinta e nel 2004 è nato mio figlio è stato naturale per me appendere gli scarpini al chiodo per stare a casa a godermi la paternità. Certamente la fortuna di essere economicamente a posto mi ha permesso di fare il papà a tempo pieno ed è stata una cosa bellissima. Per 12 anni ho fatto semplicemente il padre".

A un certo punto, però, hai voluto rimetterti in gioco
"La passione rimane, del resto il calcio è stato tutta la mia vita. Mi frullava per la testa l'idea di allenare gli attaccanti. Massimo Oddo si è interessato alla mia idea e l'abbiamo sviluppata a Udine. I feedback sono stati buoni e spero di continuare con questo ruolo".

Facciamo un tuffo nel passato: il tuo nome è legato soprattutto al trasferimento ai Rangers. All'epoca non era così semplice trovare un italiano che andava all'estero
"Negli ultimi anni abbiamo capito l'importanza degli altri campionati e la storia delle altre squadre. I Rangers me li ricordavo perché erano stati nel girone della Juve anni prima ma personalmente non conoscevo bene il club. Andando a Glasgow appena visto Ibrox e capii di aver firmato per uno dei club più seguiti e amati del mondo. Avevo capito di aver fatto un ulteriore passo in avanti e avevo la possibilità di giocare la Champions League. Quando giocavo in Italia c'era un'altra percezione dell'estero, c'era l'idea di andarci a giocare magari a fine carriera. Ciò che mi spinse a questa avventura fu dopo la retrocessione in B col Perugia. Capii che mi stava capitando un'opportunità da prendere al volo".

I Rangers rappresentano la parte protestante di Glasgow. La cosa ha rappresentato un problema?
"Io sono cattolico ma la cosa non mi ha per nulla condizionato. Ai Rangers dominavano il campionato da 9 anni, volevano fare uno step in più cercando di prendere giocatori dai più importanti campionati. Io dovevo fare gol, tutto qui. E se sei professionista non ti dicono nulla".

Le sliding doors della tua carriera sono legate a una partita di squash
"Non posso dimenticare. È il 30 dicembre e ho fatto già 30 gol. Eravamo avviati a vincere il decimo campionato consecutivo e per me si parla pure di convocazione in nazionale. Ero nettamente al comando della classifica della Scarpa d'Oro. Era un mercoledì, avevamo il giorno libero. In Scozia hai il giorno libero mercoledì, in Italia ero abituato alla doppia seduta e per mantenere lo standard andavo a correre. Quella volta ebbi la malaugurata idea di chiedere a Sergio Porrini di giocare a squash, uno sport dove contano tantissimo i riflessi. Quel che non sapevo è che Porrini avesse le mani peggio dei piedi. Mi ha lanciato a 100km/h la pallina nell'occhio".

In quel momento è cambiato tutto
"Sì, posso dire che è finito tutto lì, in quel momento. Stavo volando e quell'incidente distrusse la mia autostima. Subii il distacco della retina, per due mesi non ho fatto nulla e la cosa mi ha tagliato le gambe. Nel frattempo i Rangers hanno perso la testa della classifica, hanno spinto per un rientro immediato ma io ero un giocatore che aveva bisogno di una preparazione atletica adeguata. Le gambe non giravano più come prima e quella bolla di magia è svanita".

Quanto ti ha tormentato quell'episodio?
"Ora ne parlo liberamente, ma quell'infortunio, che è stato definito il più bizzarro del calcio scozzese mi ha fatto quasi perdere l'occhio. La pupilla per mesi non si restringeva, era sempre dilatata quindi avevo mal di testa. Poi col laser mi hanno riattaccato la retina. È stato un infortunio tosto".

Di giocare a squash non se ne parla più
"Assolutamente, mai più. Ripensandoci mi dico: quante possibilità potevano esserci che succedesse una cosa così? A dicembre ero già a 30 gol segnati, quanti ne avrei fatti ancora?".

Hai avuto problemi di depressione?
"Quello no, ma sono entrato in un periodo abbastanza buio. Mi è capitato di commettere degli errori, di prendere delle decisioni sbagliate poiché avevo perso lucidità. Non ho saputo gestire un episodio negativo e poi gli infortuni hanno fatto il resto".

In carriera hai avuto giocatori come Materazzi e Gattuso compagni di squadra. Difficile prevedere all'epoca una carriera come quella che hanno avuto
"Due giocatori molto simili che a inizio carriera non avevano dimostrato grande talento ma che sin da giovani avevano una voglia di vincere, competere e giocare tutti i palloni come se fossero gli ultimi. La cosa principale a Perugia era avere entrambi in squadra nelle partitelle altrimenti ci rimettevi le gambe (ride, ndr). Avevano voglia di prendersi tutto e lo hanno dimostrato in contesti di altissimo livello. Del resto non è necessario avere per forza una tecnica eccelsa. Io dico sempre che in una squadra ci devono essere 8 che portano il pianoforte e 3 che suonano".

Ai Rangers hai avuto fra i compagni di squadra Paul Gascoigne: genio e sregolatezza
"Aneddoti ce ne sarebbero tanti, ne ricordo uno prima di una partita. Alle 19.45 eravamo attesi in albergo per la cena e c'era una sala adibita. In Italia si è molto rigidi a riguardo: scendere in divisa, all'orario preciso. Arrivo lì e un certo punto spunta lui solo in mutande e maglietta bianca, prende dei panini li mette sulle mutande e saluta. Il giorno dopo comunque ci ha fatto vincere, fra giocate e assist. Io e lui andavamo molto d'accordo, ci siamo trovati subito parlava un po' di italiano... anche se era limitato alle parolacce (ride, ndr). Comunque ci si capiva".

Altro tuo compagno di squadra Allegri, oggi allenatore fra i più quotati a livello internazionale
"Allegri con Galeone faceva una coppia perfetta. Galeone era un tecnico che ti faceva divertire, aveva un calcio sempre propisitivo. E Allegri era il suo uomo di fiducia in campo, dettava i tempi di gioco".

Chiudiamo con un ricordo di Luciano Gaucci
"Lo reputo presidente-tifoso. Era molto competitivo, competente e ha portato a Perugia giocatori come Nakata, Materazzi, Grosso e alcuni li ha scoperti dal nulla. Dico presidente-tifoso perché la partita non la analizzava ma la viveva come un tifoso. Voglio ricordare di lui i lati positivi e sottolineare il fatto che Perugia grazie a lui ha raggiunto vette mai più viste".